La Corte costituzionale invita il legislatore ad ampliare le tutele nell’ambito dell’assistenza domestica familiare
di L. Pelliccia -
Com’è noto, con la legge 3.12.1999, n. 493 sono state emanate norme per la tutela della salute nelle abitazioni e disciplinata l’istituzione dell’assicurazione contro gli infortuni domestici.
Più nello specifico, l’art. 6 (finalità e definizioni) recita:
«1. Lo Stato riconosce e tutela il lavoro svolto in ambito domestico, affermandone il valore sociale ed economico connesso agli indiscutibili vantaggi che da tale attività trae l’intera collettività. A tale fine, il presente capo introduce misure finalizzate alla tutela dal rischio infortunistico per invalidità permanente derivante dal lavoro svolto in ambito domestico.
2. Ai fini delle disposizioni del presente capo: a) per “lavoro svolto in ambito domestico”si intende l’insieme delle attività prestate nell’ambito domestico, senza vincolo di subordinazione e a titolo gratuito, finalizzate alla cura delle persone e dell’ambiente domestico; b) per “ambito domestico si intende l’insieme degli immobili di civile abitazione e delle relative pertinenze ove dimora il nucleo familiare dell’assicurato; qualora l’immobile faccia parte di un condominio,l’ambito domestico comprende anche le parti comuni condominiali; c) il lavoro in ambito domestico si considera svolto in via esclusiva allorché l’assicurato non svolga altra attività che comporti l’iscrizione presso forme obbligatorie di previdenza sociale».
La legge in esame è stata in assoluto la prima in Europa in tema di tutela della salute nelle abitazioni, avendo appunto previsto l’istituzione dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni domestici.
Al fine dell’emanazione della medesima, significativa rilevanza ha avuto la sentenza della Corte costituzionale n. 28/1995 (ritenuta però ininfluente ai fini del decidere nella decisione che ci apprestiamo ad annotare) che ha afferma l’equiparabilità del lavoro effettuato all’interno della famiglia, per il suo valore sociale ed economico, alle altre forme di lavoro, riconoscendo allo stesso il diritto alla tutela previsto dall’art. 35 Cost.
Nel considerare l’attività domestica come attività lavorativa – seppur rilevandone la peculiarità – e riconoscendo altresì il lavoro domestico come lavoro socialmente rilevante ed utile, la Corte ha infatti compiuto l’attuazione dell’art. 35 in modo innovativo, ponendosi in sintonia con i mutamenti intervenuti nei precedenti decenni sia nel mondo del lavoro sia in quello delle donne e determinando l’equiparazione, almeno dal punto di vista della tutela dei rischi da infortunio, del lavoro svolto in casa a quello svolto fuori casa.
Alla legge è stata poi data attuazione con i due DD.MM. 15 settembre 2000 (rispettivamente “Assicurazione contro gli infortuni in ambito domestico. Individuazione dei requisiti delle persone soggette all’obbligo assicurativo” e “Modalità di attuazione dell’assicurazione contro gli infortuni in ambito domestico”), ai quali ha fatto seguito la circolare Inail n. 9 del 22 febbraio 2001.
Con la recentissima sentenza n. 202 depositata il 28 luglio 2022, la Corte costituzionale ha affrontato, dichiarando però inammissibili le sottese questioni, la sollevata ipotesi di incostituzionalità dell’art. 6, co. 2, lett. a), della citata legge n. 493/1999, nella parte in cui nell’”ambito domestico” non sono inclusi gli altri immobili di civile abitazione nei quali le attività vengano prestate in favore di stretti familiari non conviventi per quanto bisognosi di assistenza domestica.
L’indubbio interesse dell’intervento in esame è dato dal fatto che il Giudice delle leggi, pur a fronte del rigetto delle questioni di legittimità costituzionale portate alla sua attenzione, nondimeno (facendo leva sul criterio di sensibilizzazione, ultimamente utilizzato più di una volta), ha evidenziato che, «Purtuttavia, la doverosa attenzione e sensibilità ai temi della solidarietà e dell’aiuto rispetto a posizioni di bisogno segnalati dalla ordinanza di rimessione interpellano questa Corte, in una diversa prospettiva di valutazione, ad un forte richiamo al legislatore, affinché la rete sociale sia rinsaldata attraverso la individuazione dei più idonei strumenti e delle più adeguate modalità di fruizione delle prestazioni in esame».
Della legittimità costituzionale della richiamata norma (per violazione degli artt. 2, 3, 29, 35, 38 e 117, comma 1, Cost., quest’ultimo in relazione alla Risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2016, sulla creazione di condizioni del mercato del lavoro favorevoli all’equilibrio tra vita privata e vita professionale) dubitava la Corte d’appello di Salerno –Sezione lavoro- (in prime cure aveva respinto la richiesta avanzata dall’erede della de cuius deceduta a seguito di un infortunio domestico).
La fattispecie originaria era riferita al ricorso presentato da un vedovo ed erede che aveva adito il Tribunale di Vallo della Lucania, in funzione di giudice del lavoro, per ottenere la condanna dell’INAIL a corrispondergli la rendita da infortunio e l’assegno funerario maturato in seguito al decesso della propria dante causa, titolare di assicurazione contro gli infortuni domestici, ex legge n. 493/1999, all’esito di un grave incidente domestico occorsole presso l’abitazione dei genitori.
Richiamati tutta una serie di riferimenti normativi, la Corte rimettente poneva l’accento sul fatto che emergesse come la solidarietà tra generazioni, ispiratrice della richiamata risoluzione europea, venga in considerazione nella fattispecie in esame, in cui una figlia, nell’osservanza dei propri doveri familiari ed evitando il ricorso a dispendiose prestazioni assistenziali, da porsi altrimenti a carico della collettività, si era recata presso l’abitazione, non distante dalla propria, dei genitori, con problemi di salute, per aiutarli, rendendo quindi non comprensibile il riconoscimento, ai sensi dell’art. 35 Cost. e con la tutela previdenziale di cui al successivo art. 38, della sola attività svolta in favore del nucleo familiare convivente nella medesima dimora e non anche di quella resa agli anziani genitori dimoranti altrove.
In punto di non manifesta infondatezza, ad avviso della Corte rimettente, la norma censurata limiterebbe, in modo discriminatorio, trattando in modo diseguale situazioni omogenee (art. 3 Cost.), l’applicabilità dello strumento assicurativo contro gli infortuni occorsi al lavoratore casalingo, confinando l’«ambito domestico» agli immobili in cui dimora il nucleo familiare convivente dell’assicurato ed escludendo quello dei familiari, pure se stretti, in quanto non conviventi, anche se bisognosi di assistenza domestica.
La denunciata limitazione configgerebbe inoltre con la valorizzazione di principio dell’attività domestico-familiare quale prestazione lavorativa (art. 35 Cost.), mancando poi di fare applicazione degli strumenti previdenziali posti a presidio delle esigenze di vita del lavoratore (art. 38 Cost.).
La sentenza in commento mette preliminarmente in evidenza come il quadro di riferimento consenta di cogliere nella legge in esame l’occasione per il legislatore nazionale – in una prospettiva segnata dall’esigenza di far fronte al fenomeno degli infortuni domestici con la finalità di arginarne i costi per la collettività – di superare la contrapposizione tra lavoro domestico ed extradomestico, attribuendo al primo, nell’intento di colmare un vuoto di tutela, pari dignità rispetto alle altre forme di lavoro svolte fuori casa, attraverso il riconoscimento di uno strumento di garanzia assicurativa.
Orbene, l’ordinanza di rimessione, nel raffronto tra la situazione denunciata e i rilievi di illegittimità costituzionale svolti, propone due distinti piani di scrutinio: l’uno, segnato dal riconoscimento di uno strumento assicurativo a tutela di posizioni previdenziali insorte in ambito domestico-familiare, e l’altro, che si collega al welfare statale, contraddistinto dalla creazione di una rete di servizi di preferenziale accesso e di un sistema di benefici, anche fiscali, a sostegno dei cittadini che, impegnati in favore delle persone inabili e non autosufficienti, vengono in tal modo sollevati dalla stringente quotidianità di cura dell’altro, bisognoso.
Il carattere autonomo delle due prospettive di tutela, che pure potrebbero presentare profili convergenti, non consente a questa Corte la individuazione di una soluzione diretta ad alterare l’intero sistema assicurativo introdotto dalla legge n. 493/1999, che si presenta, per i contenuti e le finalità sue proprie, come sopra esposti, compiuto.
Il dubbio di legittimità costituzionale della rimettente oggettivamente coinvolge, invece, il diverso settore segnato da esigenze assistenziali e solidaristiche che rinvengono soddisfazione nelle politiche del welfare nazionale, intese come complesso di iniziative statali e pubbliche, in genere, volte a tutelare il benessere della popolazione al fine di migliorarne la vita lavorativa e privata, garantendo l’accesso alla fruizione dei servizi pubblici essenziali.
Fatto un accenno all’invecchiamento della popolazione all’interno degli Stati europei e all’accresciuto bisogno di assistenza a lungo termine – con affermazione del modello dei c.d. caregivers (integrato da figure di familiari ed amici che si prendono cura, in maniera gratuita e continuativa, di una persona anziana, non autosufficiente e/o disabile) –, ad alcuni interventi legislativi e ai diversi disegni di legge presentati in tema, nonché alla direttiva UE 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, la sentenza in commento rileva che, nonostante l’attenzione attribuita da questa Corte al tema della solidarietà e dell’aiuto destinati a valere anche tra generazioni all’interno della famiglia (v. sent. n. 232/2018) non è però possibile coniugare lo strumento assicurativo di cui alla legge n. 493 del 1999 con il più ampio individuato contesto.
A ben vedere, infatti, della disciplina dell’indennizzo assicurativo si chiederebbe, nella richiamata più ampia cornice, una riforma di sistema, che amplierebbe le categorie dei destinatari implicando scelte discrezionali (quale, ad esempio, la decisione se ad individuare i soggetti beneficiati valgano le sole relazioni familiari e di parentela – e quali o, anche, ragioni di amicizia e riconoscenza).
Senza sottovalutare poi il fatto che rimarrebbe da valutare l’operatività dell’ampliamento della categoria dei beneficiari all’interno della logica assicurativa che presiede al riconoscimento dell’indennizzo infortuni ex legge n. 493/1999, in cui all’allargamento della platea dei destinatari dovrebbe (come fatto rilevare dall’INAIL) conseguire l’incremento del premio versato in una misura che avrebbe l’effetto di scardinare gli equilibri tra entrate ed uscite in un sistema guidato, nella gestione finanziaria, dall’applicazione del metodo della capitalizzazione dei contributi.
Ad avviso del Giudice delle leggi, quindi, la molteplicità delle soluzioni praticabili quanto a soggetti e contesti assicurabili -non contenuta e univocamente veicolata nella sua composizione-, dalle esigenze di cura ed assistenza dell’altro, non può essere assunta come grandezza o misura di riferimento in termini di costituzionalità, con la conseguenza che il sollecitato intervento si denuncia, come tale, inammissibile, dovendo invece ricadere sul legislatore la scelta dei mezzi più idonei a realizzare la tutela del fine costituzionalmente necessario (v. sent. n. 151/).
La sentenza n. 202/2022 rileva infine che, nel senso di una conclusione di inammissibilità della sollevata questione converge la necessità di operare una «revisione organica della materia in esame» nella composizione della pluralità degli interessi in gioco, altrimenti affidata a scelte “eccessivamente manipolative” di questa Corte, destinate ad incidere sulla stessa funzionalità dell’assetto previsto dalla norma, con conseguenti disarmonie di sistema (v. in tema le sent. n. 101, n. 143, n. 100 e n. 1 del 2022, le n. 151, n. 33 e n. 32 del 2021, le n. 80 e n. 47 del 2020 e la n. 23 del 2013).
Da qui e, in conclusione l’invito rivolto al legislatore ordinario verso la necessaria attenzione e sensibilità ai temi della solidarietà come evidenziati nell’ordinanza di rimessione della Corte d’appello di Salerno, da prendersi come spunto e stimolo per l’individuazione, appunto, dei più idonei strumenti e delle più adeguate modalità di fruizione delle prestazioni previdenziali in esame.
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